
Rinviate al 15 e 16 aprile le prove del TFA sostegno
Il MIUR procede senza confronto mentre noi chiediamo un incontro per affrontare le criticità: dalla distribuzione dei posti ai costi troppo elevati


E’ comparso ieri sera sul sito del MIUR l’avviso relativo al rinvio dei test di accesso al IV ciclo del TFA di sostegno. Le date delle prove sono state spostate al 15 aprile per la scuola primaria e dell’infanzia e al 16 per la secondaria di primo e secondo grado. Con il Decreto ministeriale 158/19 si ridefinisce il calendario e si indica marzo 2020 (invece di febbraio) come nuova data di termine dei corsi.
Il rinvio è stato chiesto dalla CRUI, per consentire l’avvio dei bandi da parte delle università in tempi ragionevoli, visto che le date di fine marzo erano state individuate dal MIUR il 21 febbraio, quando mancava poco più di un mese ai test.
Questo rinvio è l’ennesima riprova di una modalità di gestione dei processi decisionali improntata alla mancanza di confronto. Una scelta che contribuisce ad aumentare le criticità presenti nel decreto del TFA.
Ad esempio, la previsione di far concludere i corsi entro il 20 febbraio impone una tempistica che rischia di sacrificare la qualità dei percorsi erogati. I 60 CFU del corso di specializzazione devono essere acquisiti in non meno di 8 mesi, il che significa che i corsi dovranno partire entro il 20 giugno, collocando le attività didattiche nei mesi estivi e anche a cavallo del mese di agosto. Una corsa contro il tempo, che oltretutto impedirà agli specializzandi l’accesso alle 150 ore del diritto allo studio, i cui bandi di norma prendono l’avvio a metà novembre e consentono l’erogazione dei permessi a partire da gennaio.
Anche il numero dei posti attivati avrebbe potuto essere oggetto di un confronto, visto che quest’anno più di 50.000 cattedre sono andare a supplenti perlopiù privi del titolo di specializzazione, il ché dimostra che si sarebbe potuto pensare anche a numeri più importanti per soddisfare la domanda delle scuole.
E vi è anche un problema generato dall’articolazione territoriale dei corsi attivati, con la maggior parte dei posti messi a bando negli atenei del sud, quando abbiamo una drammatica assenza di insegnanti specializzati anche le scuole del centro nord.
In questo contesto l’unica certezza che si presenta ai tanti laureati e precari che vogliono specializzarsi sono i costi esorbitanti dei percorsi formativi, che come nel III ciclo del TFA in molti atenei sfiorano e superano anche i 3000 euro, senza misure di welfare e di borse di studio o esoneri per chi rientra nelle fasce di reddito più basse.
Riteniamo che molte di queste criticità avrebbero potuto essere superate attraverso il confronto con le organizzazioni sindacali e gli altri soggetti coinvolti, a partire dagli atenei.
Per questo motivo ribadiamo al MIUR la nostra richiesta di aprire un confronto sul tema complessivo del reclutamento e della formazione in ingresso del personale della scuola, dismettendo scelte che generano una comprensibile esasperazione nei lavoratori precari coinvolti e rischiano di compromettere il buon funzionamento della scuola.
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