
12 dicembre: uno sciopero giusto per una scuola giusta
Alla scuola servono meno chiacchiere, meno hashtag e più risorse. Un Governo che vuole davvero cambiare il Paese deve essere più disponibile all’ascolto e al confronto.


La scuola sciopera il 12 dicembre 2014, insieme a tutto il mondo del lavoro, perché questo è uno sciopero che unisce.
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È inevitabile quando di fronte hai un Governo autoritario e arrogante, un Governo che, oltre a rappresentare il Paese, ne è anche il più importante datore di lavoro, quello che dovrebbe dare il buon esempio di relazioni corrette tra i propri dipendenti e le loro rappresentanze. Un Governo che, invece, mortifica il lavoro, lo spoglia di diritti riducendolo a un puro fattore di costo, piegato al potere unilaterale delle imprese o della dirigenza nei settori pubblici. E che si mostra incredibilmente sprezzante quando si tratta di confrontarsi con i sindacati che pure rappresentano milioni di persone. E le ragioni dei lavoratori sono tante e le abbiamo presentate in varie forme, insieme a molte proposte concrete.
Sarà sciopero generale, e il Governo se ne farà certo una ragione. L'autunno è iniziato all'insegna del conflitto per tutto il mondo del lavoro e per i settori pubblici in particolare e non poteva essere diversamente. L'ultima provocazione è l'ennesimo blocco dei contratti pubblici.
Nei settori della conoscenza, in cui i contratti sono scaduti il 31 dicembre 2009, c'è un'emergenza salariale, determinata anche dal blocco delle retribuzioni e dell'anzianità, che non è stata compensata dai famosi 80 euro. Ma non si tratta solo di retribuzioni. Il rinnovo del contratto è una priorità perché è lo strumento migliore per leggere il lavoro che cambia e per dare gambe alle necessarie riforme di cui, soprattutto nella scuola, c'è bisogno. Ma il contratto è anche lo strumento per ridiscutere i carichi di lavoro, per garantire parità di diritti e salari tra precari e "stabili", per contrattare i regimi degli orari, le modalità di valorizzazione professionale, le forme e le finalità della valutazione. Ed è lo strumento più flessibile e più condiviso per farlo.
Una riforma della scuola ambiziosa come quella descritta nel piano del Governo non si fa a costo zero. I tre miliardi promessi sono una goccia nel mare, quando si auspica una scuola piena di computer e laboratori, dove la multimedialità innova la didattica, inserimento di nuove discipline, potenziamento delle lingue straniere. Tutto questo comporta investimenti. Lo sanno Renzi e Giannini che molte scuole sopravvivono solo per la generosità delle famiglie? Che loro finanziano la scuola dell'obbligo, quella che lo Stato dovrebbe garantire gratuitamente? E siamo radicalmente contrari alla sostituzione delle risorse pubbliche con quelle private. Vogliamo difendere fino in fondo la laicità e la libertà di insegnamento sancite nella Costituzione.
Non siamo in una fiction, servono meno chiacchiere e meno hashtag e più disponibilità all'ascolto e al confronto. Questo ci aspettiamo da un Governo che vuole davvero cambiare il Paese.
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