
Indennità di disoccupazione e dimissioni per giusta causa: le ulteriori precisazioni dell’INPS
Circolare INPS del 20 ottobre 2003 n. 163


L’Inps, nel recepire la sentenza della Corte Costituzionale relativa al diritto del lavoratore dimessosi per giusta causa all’indennità di disoccupazione ordinaria, fornisce ulteriori importanti chiarimenti.
Nella circolare n. 163 del 20 ottobre 2003, l’Istituto, oltre che confermare i contenuti della precedente circolare del 4 giugno 2003, fornisce una serie di importanti precisazioni per la concreta esigibilità di tale diritto.
In armonia con i pronunciamenti della giurisprudenza ampiamente consolidati, la circolare individua le situazioni riconducibili alle dimissioni per “giusta causa” facendo rientrare in tale tipologia le dimissioni: per mancato pagamento della retribuzione; per aver subito molestie sessuali sul lavoro; per le modificazione peggiorative delle mansioni (demansionamento); per mobbing; per notevoli variazioni delle condizioni di lavoro in seguito a cessione dell’azienda; per spostamento del lavoratore ad altra sede senza che sussistano le condizioni consentite dal codice civile; per comportamento ingiurioso del superiore gerarchico nei confronti del dipendente; per la pretesa del datore di lavoro di prestazioni illecite del dipendente.
Ossia l’intera casistica riconducibile all’applicazione dell’art. 2119 del c.c., affrontata e chiarita dalla giurisprudenza. L’INPS precisa che il riconoscimento dell’indennità potrà avvenire soltanto nei casi che siano accertati come relativi a queste tipologie.
Il lavoratore interessato, per rendere esigibile il diritto, deve presentare all’INPS una domanda corredata da una dichiarazione in autocertificazione da cui risulti: 1) l’essersi dimesso per giusta causa; 2) la volontà di agire in giudizio contro il comportamento illecito subito; 3) qualsiasi documento che dimostri tale volontà (diffida, denuncia, istanza al giudice del lavoro ecc.); 4) l’impegno a comunicare all’INPS l’esito della controversia, sia che avvenga in sede extragiudiziale (conciliazione in sede amministrativa o sindacale) o giudiziale (sentenza del giudice).
Però fino alla conclusione del contenzioso, l’erogazione dell’indennità deve considerarsi provvisoria; in caso di esito favorevole al lavoratore l’indennità viene confermata; mentre in caso contrario – se cioè non fosse riconosciuta la sussistenza della “giusta causa” – il lavoratore dovrà rimborsare all’INPS quanto percepito.
Pertanto è necessario che ci sia una particolare attenzione da parte del lavoratore alla fase di stesura delle dimissioni, all’avvio della vertenza e al momento di una eventuale conciliazione in sede sindacale o presso la Direzione Provinciale del Lavoro.
In questa ultima ipotesi, il verbale deve contenere l’esplicito riferimento alla particolare motivazione della vertenza quale presupposto e causale dell’accordo conciliativo, in modo da non pregiudicare il diritto del lavoratore all’indennità.
Roma, 23 novembre 2003
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