
Decreto Lavoro: la Camera lo approva in via definitiva
Dopo aver incassato la terza fiducia, il decreto lavoro è stato approvato in via definitiva dall'Aula della Camera con 279 voti a favore e 143 voti contrari. Il provvedimento diventa quindi legge. Per la CGIL il provvedimento avrà come solo risultato quello di incentivare nuova e inutile precarietà.


Ci si riferisce al Decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34 presentato dal presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, e dal Ministro del lavoro Giuliano Poletti recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese. Con il ricorso al voto di fiducia la Camera non ha apportato modifiche al testo approvato dal Senato il 7 maggio 2014. Il provvedimento produrrà i suoi effetti dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Con la sua conversione in legge finisce così l’iter di un decreto legge voluto fortemente dal presidente del consiglio dei ministri che contiene al suo interno pesanti criticità soprattutto in quelle parti che riguardano il contratto a tempo determinato e il contratto di apprendistato. Criticità denunciate a più riprese durante il percorso parlamentare non solo dalla CGIL ma anche da CISL e UIL. Lo stesso annunciato regime sanzionatorio per i datori di lavoro che violano le norme sui contratti a termine da utilizzare è stato decisamente ridimensionato accogliendo così le ragioni di Confindustria. Di fatto si tratta ancora di un ennesimo provvedimento legislativo che mortifica il lavoro e apre ulteriori spazi alla precarietà. Altro che rilancio dell’occupazione.
Per la CGIL il giudizio è sostanzialmente negativo. In primo luogo perché si tratta un provvedimento che sotto il profilo della precarizzazione è peggiorativo rispetto alla normativa precedente; in secondo luogo perché la scelta del ricorso alla strumento del decreto è incoerente e in contrasto con il progetto di legge delega presentata dallo stesso governo.
In particolare per il sindacato di Corso Italia sono tre i principali punti di maggiore criticità:
- la a-causalità nei contratti a termine estesi a 36 mesi, che non risulta mitigata dalla riduzione da 8 a 5 il numero delle proroghe;
- la trasformazione del previsto obbligo di assunzione in una sanzione pecuniaria nel caso di sforamento del tetto del 20% nel ricorso ai contratti temporanei;
- sull'apprendistato, l'innalzamento della dimensione aziendale alle imprese con più di 50 dipendenti – nella prima versione del Dl la dimensione aziendale era 30 lavoratori - per far scattare l'obbligo di assunzione del 20% degli apprendisti.
Non è con questi interventi di piccolo cabotaggio, peraltro avulsi dal complesso contesto economico più generale in cui si trova il nostro paese, che si affrontano i problemi del lavoro e della buona occupazione. C’è bisogno di ben altro!
Ci troviamo, invece, di fronte al fondato rischio che con questo genere di interventi mirati a ridurre diritti e tutele dei lavoratori si favoriscono ulteriormente nuovi fenomeni di precarizzazione che aggiunti a quelli già esistenti determinerebbero effetti ancor più nefasti di quelli che registriamo oggi.
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