
Scuole medie a un anno dalla”riforma” Moratti
A Bergamo i genitori promuovono un’indagine nelle scuole medie


Pubblichiamo l’indagine promossa dallo Sportello Genitori della CGIL, nella scuole medie di Bergamo, per capire gli effetti dei cambiamenti derivati dall’applicazione della legge 53/03.
L’indagine si estende su tutto il territorio provinciale e prende in esame 30 scuole medie, di cui 20 statali e 10 paritarie.
Gli aspetti messi sotto osservazione sono: il tempo scuola, il modello orario, l’analisi della domanda delle famiglie, il recupero e il potenziamento, le ore integrative e facoltative, gli organici.
L’indagine mette a fuoco come sia la scuola statale quella che ha subito i cambiamenti più penalizzanti per la sua qualità, a fronte di una sostanziale continuità della scuola paritaria che non ha subito cambiamenti indotti dall’applicazione della “riforma”.
E’ la scuola statale infatti che ha dovuto ridurre i rientri pomeridiani, i modelli a tempo prolungato, le attività per il recupero e il potenziamento, il tempo scuola, le compresenze, in assoluto le ore docente rispetto alle ore degli alunni.
Le scuole paritarie offrono tempi scuola più lunghi, prescuola, recuperi che, almeno sulla carta, sono articolati e personalizzati, doposcuola e assistenza allo studio (tutto profumatamente pagato dalle famiglie naturalmente), stabilità dell’offerta formativa.
Se dunque la scuola statale offre meno, le famiglie che possono farlo scelgono la scuola paritaria, per le famiglie socialmente più deprivate, in genere anche quelle che hanno più bisogni formativi, non resta che il doposcuola parrocchiale, se c’è, il vicinato, il fai da te.
Dunque, ad un anno dall’applicazione del modello Moratti, una semplice indagine condotta da un gruppo di genitori bergamaschi dimostra come la Costituzione materiale possa essere demolita nei fatti, senza attacchi diretti: impoverendo la scuola statale e rendendo dunque più allettante la scuola privata, quella che garantisce la speculazione privata e le alleanze che da questo derivano, con buona pace dei diritti di uguaglianza sanciti dalla Costituzione, che attribuisce alla Repubblica il compito di ”rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese.”
Roma, 4 ottobre 2005
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